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E’ DA QUI CHE PARTO...

Fin da piccola ho sempre avuto qualcosa che non andava bene. In primis ero nera. Sono passati 20 anni, si sono aperte le frontiere, le strade si sono riempite di gente extra comunitaria, il dibattito sull’immigrazione e l’integrazione è all’ordine del giorno. Sono passati 20 anni ma io continuo ad essere nera, lo ero allora e lo sarò sempre. È una parte di me. Quando avevo tre anni ero al parco giochi e un bambino non ha voluto giocare con me perché io ero, cito testualmente, “color della cacca” e lui non aveva intenzione di giocare con la cacca. Avevo tre anni e non volevo più essere nera perché era il colore della cacca e io non volevo essere una cacca. Io sono convinta che prima o poi nella vita di una persona di colore, arriva inevitabilmente quel momento anche di soli pochi secondi in cui si chiede: “Perché non sono bianco?”, ve lo dico perché è quello che è successo a me.

Sono passati 20 anni e io resto di quel colore. Ma, ebbene si c’è un MA, io non ero una cacca e non lo sarei diventata. Per fortuna i miei genitori sono sempre stati molto orgogliosi di avere una figlia indiana che si distinguesse a vista d’occhio tra la folla del piccolo paese in cui vivo e mi hanno sempre appoggiata, sostenuta e amata per questo. Per fortuna i bambini con cui sono andata a scuola erano ancora troppo piccoli per fare discriminazioni razziali negative, mi hanno sempre chiesto perché sono nera ma per curiosità, perché ero la prima volta che vedevano qualcuno con la pelle diversa dalla loro; sono cresciuta con loro e non so come mai, ma sono diventati miei amici a prescindere dal colore della mia pelle e quando finalmente avevano l’età per fare discriminazioni razziali, avevano capito che il colore della pelle non c’entrava nulla ed io ero semplicemente io. Io sono cresciuta con loro ed è grazie al loro volermi bene ugualmente che io non ho più alcun problema con il colore della mia pelle da 20 anni.


Ma l’esempio del colore della pelle è solo uno dei pochi che potrei fare. L’ho scritto qui perché di solito gli esempi razziali lasciano sempre un certo impatto per il loro carico storico ma ve ne lascio un altro per farvi capire meglio da dove nasce questa idea.


Dopo aver accettato il fatto di essere una bambina nera e che andava bene così ero pronta, pronta a diventare una ballerina e ci sono riuscita. Ero una ballerina con lo chineon, la scarpette e anche il tutù durante i saggi. Ma ahimè, dieci anni dopo aver accettato il fatto di essere nera, c’era un’altra cosa che non andava bene: ero troppo in carne. Dico “in carne” perché non ero grassa: ero robusta, troppo muscolosa e soprattutto con troppo seno. Ma non potevo fare la ballerina. Non importava la passione, la dedizione e l’impegno che io ci mettessi. A dieci anni ho smesso di ballare perché qualcun altro aveva deciso che il mio corpo non andava bene.


Dunque ero nera e in carne ma soprattutto il mio corpo non andava bene per fare la ballerina.


Dieci anni dopo ho conosciuto Angela e Jessica, vorrei che le vedeste ballare e capireste che il corpo non c’entra nulla. Dopo dieci anni sono tornata sulle punte e finalmente ero felice.


Oggi io sono ancora nera e più in carne di dieci anni fa, ho una cicatrice sul viso che è materiale per fantastiche storie da raccontare ad ogni singolo bambino che mi chiede come me la sono fatta (e ogni singolo bambino che incontro me lo chiede e durante l’anno ne incontro parecchi), sono ancora troppo bassa e nonostante gli anni di apparecchio, alcuni denti sono rimasti storti. Ma non importa più.


Cos’è cambiato? Io.


Ho semplicemente smesso di preoccuparmi degli stereotipi, di quello che pensavano gli altri di me, di ciò che non andava bene. Ho iniziato a fare quello che mi piaceva per me e per nessun altro. Il rapporto con il mio corpo non è ancora finito e credo che continuerà fino alla fine dei tempi, ma questo è un bel punto di partenza.


È da qui che parto per il progetto “Tutti i corpi sono belli”.

Come nasce: Panoramica del progetto

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